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Dal Ministero salute prevenzione allergie alimentari

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Messaggio Da Barbara_68 Mar Apr 08 2014, 13:06

Il ministero ha pubblicato una interessente rapporto, vi posto solo la parte della prevenzione, in evidenza l'importanza dell'allattamento materno...


Prevenzione
Nell’attesa di poter influenzare l’andamento della malattia allergica con mezzi farmacologici od immunologici,
l’attenzione dei ricercatori è a tutt’oggi rivolta alla prevenzione dietetica. Infatti quello dietetico è il principale
fattore ambientale di rischio per la sensibilizzazione allergica alimentare, oltre che la via pressoché esclusiva
di scatenamento dei sintomi.
Si distinguono diversi livelli di prevenzione:
• prevenzione primaria: evitare la sensibilizzazione allergica è certamente il campo più esplorato. Poiché
l’identificazione dei candidati a rischio è piuttosto incerta, gli studi in questo campo sono stati condotti
in popolazioni assai selezionate, ad alto rischio (Kjellman et al. 1999);
• prevenzione secondaria: deterrenza dell’espressione della malattia nonostante una sensibilizzazione
IgE già avvenuta. Richiederebbe un largo screening di massa per poter identificare la popolazione a
rischio;
• prevenzione terziaria: minimizzazione della sintomatologia per coloro che già hanno la malattia in atto.
Può efficacemente essere ottenuta evitando gli allergeni, attraverso un approccio detto “proibizionista”,
ed in questo caso si identifica con la terapia della allergia alimentare (Boner et al. 1998).
È necessario premettere che la prevenzione primaria si sta arricchendo delle possibilità suggerite dagli studi
epidemiologici, che hanno rimarcato il ruolo della flora intestinale nella genesi della allergia (Matricardi et al.
2000).
Diverse voci si sono infatti levate a sottolineare la possibilità di influire sullo sviluppo di allergia mediante
l’uso di fattori “di successo”, piuttosto che con l’esclusione di fattori di rischio. Obiettivo di queste strategie
è quello di modulare il sistema immune del lattante e, addirittura, della gestante, in modo da ottenere una
downregulation della risposta TH2 od una upregulation della risposta TH1 (Warner et al. 2000).
Questo rappresenta un approccio alternativo alla prevenzione primaria alimentare basata sull’esclusione degli
allergeni alimentari.
L’approccio “proibizionista”, più conosciuto, e quello “promozionista” pongono l’accento su aspetti diversi
della fisiologia del sistema immune.
L’approccio proibizionista evita gli allergeni alimentari in gravidanza ed allattamento e ritarda la introduzione
di alimenti “allergizzanti” (latte vaccino, uovo ecc) dopo il sesto mese di vita.
Si propone di ridurre la frequenza di sensibilizzazione eliminando il contatto con gli allergeni o con i fattori
adiuvanti, basandosi su una serie di studi prospettici che hanno identificato molti possibili fattori favorenti
lo sviluppo di una allergia alimentare. Possiamo dividerli in studi “non interventistici” (studi puramente
epidemiologici) e studi “interventistici”.
Dagli studi non interventistici sappiamo che, con qualche dubbio legato alla impossibilità di eseguire studi
randomizzati su popolazioni alimentate al seno o no, l’allattamento materno ha un ruolo protettivo nei
confronti del rischio di allergia alimentare (Høst et al. 1999) e che l’introduzione di latte in formula nei primi
giorni di vita, in attesa della montata lattea (Saarinen et al. 1999), è associata con lo sviluppo di allergia alle
proteine del latte, come confermato da uno studio osservazionale che ha coinvolto diverse migliaia di bambini.
Sappiamo anche che l’introduzione di cibi solidi prima del 4° mese di vita si associa con un elevato rischio di
dermatite atopica fino all’età di 10 anni.

Studi interventistici sono stati eseguiti, peraltro, nel tentativo di ridurre la sensibilizzazione ad alimenti del
bambino. Si è tentato di ottenere questo risultato mediante l’esclusione di alimenti potenzialmente allergenici
dalla dieta materna durante la gravidanza, ma questi provvedimenti non si sono dimostrati in grado di sortire
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alcun effetto sullo sviluppo di allergia alimentare nel bambino. Incidentalmente, quindi, l’unica proibizione
sensata in gravidanza resta l’evitare il fumo (Asher et al. 2000).
Una recente Cochrane (revisione sistematica sull’efficacia) ha solo ipotizzato che l’impiego di una dieta
oligoantigenica alle donne atopiche durante l’allattamento potrebbe ridurre il rischio di sviluppare dermatite
atopica nel figlio allattato al seno (Kramer 2007).
L’età dello svezzamento è confermata al sesto mese, ma mancano osservazioni epidemiologiche longitudinali
in grado di confermare l’effetto protettivo di una ritardata introduzione degli alimenti più allergizzanti (Fiocchi
et al. 2006).
Approccio promozionista: promozione dell’allattamento al seno, probiotici, latte idrolizzato.
Misure di promozione della immunità del bambino sono in un certo senso patrimonio acquisito della
prevenzione allergologica. La più ovvia è la promozione dell’allattamento materno esclusivo prolungato, che è
una misura efficace sia nel neonato a termine che nel pre-termine.
È stato postulato che l’allattamento materno agisca diminuendo l’assorbimento di macromolecole allergeniche
sia per il suo contenuto in fattori protettivi che per una più veloce maturazione della barriera intestinale. Tale
idea trova conferme nella osservazione secondo cui un basso contenuto di IgA nel latte materno può condurre
ad una difettiva esclusione di antigeni alimentari, predisponendo il bambino alle future allergie alimentari
(Jarvinen et al. 2000).
Alcuni autori hanno sostenuto che la durata dell’allattamento materno è un fattore di rischio per dermatite
atopica (Bergmann et al. 2002). Osservazioni come questa sono però gravate dall’effetto della causalità
riversa. In poche parole il motivo per cui i bambini allattati al seno più prolungatamente avevano una
maggiore probabilità di sviluppare la dermatite atopica non era indotto dall’allattamento al seno, ma dal
fatto che le madri con familiarità atopica erano più motivate a prolungare l’allattamento al seno come fattore
protettivo. La frequenza maggiore di dermatite atopica dipendeva dalla loro spiccata familiarità atopica e
non dall’allattamento al seno. Subito dopo non sono mancate osservazioni che hanno rimarcato tale errore
procedurale (Laubereau et al. 2004).
Da quando le ricerche epidemiologiche hanno puntualizzato che lo stile di vita “occidentale” è associato con
l’aumento della allergia nelle ultime decadi, nuove strade si sono intraviste per la prevenzione della allergia
alimentare.
Sulla base della durata e della intensità dello stimolo batterico, infatti, è stato ipotizzato che la flora intestinale
rappresenti un fattore modulatore chiave per l’immunità contro l’atopia e lo sviluppo di malattia allergica e
che la pressione antigenica persistentemente esercitata dai batteri che colonizzano il tratto gastrointestinale
possa prevenire lo sviluppo di malattia allergica.
Peraltro una recente Cochrane ha puntualizzato che ci sono insufficienti evidenze per raccomandare l’uso dei
probiotici nella prevenzione delle allergie alimentari (Osborn 2007).
Per quanto concerne l’utilizzo di formule estensivamente idrolizzate è stata confermata l’efficacia preventiva di
tali formule in caso di mancanza o carenza del latte materno (von Berg et al. 2003) fino all’età di 6 anni.
Ovviamente, tutte le volte che si opterà per l’utilizzo, a scopo preventivo, di una formula estensivamente
idrolizzata si dovrà tener conto dei costi, della palatabilità (l’idrolisi spinta porta infatti a modificazioni strutturali
della componente proteica, con comparsa di aromi/sapori differenti, a volte percepiti come sgradevoli) e del
vantaggio protettivo ottenibile, probabilmente, solo in un piccolo novero di bambini.
Dopo che è stata confermata la diagnosi, l’unica forma comprovata ed attualmente disponibile di trattamento
profilattico è evitare del tutto l’alimento coinvolto (Taylor et al 1999).
I dati della letteratura internazionale evidenziano come la maggior parte delle reazioni anafilattiche ad
alimenti avvengano in soggetti consapevoli della loro sensibilizzazione e rendono evidente la difficoltà di
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attenersi a questa, solo in apparenza semplice, norma preventiva. Il cibo, infatti, presenta anche valenze legate
all’affettività, alla vita sociale, lavorativa e ricreativa, e alla vita familiare dell’individuo che rendono complessa
l’applicazione di rigide norme preventive. L’uso frequente di prodotti confezionati, di cibi esotici o comunque
provenienti da altri Paesi aumenta il rischio di esposizione ad allergeni nascosti e non usuali.
Le peculiarità immunologiche e chimico-fisiche degli allergeni alimentari, come la loro maggiore o
minore resistenza a calore e digestione, la cross reattività e/o il cross riconoscimento di strutture lineari o
conformazionali, dovuto alla presenza di proteine omologhe in fonti diverse, rappresentano un rischio di
esposizione inaspettata ad allergeni alimentari (Taylor et al. 2000).
I pazienti allergici al lattice, che per il 50% presentano sensibilizzazioni alimentari dovute a cross reattività
legate alla presenza di chitinasi di classe I, sono a particolare rischio di anafilassi da cibo per ingestione degli
alimenti come banana, avocado, kiwi, castagna o altri.
Il rischio di contaminazione nella processazione degli alimenti in filiere commerciali, nel confezionamento
e nella distribuzione di cibo nella ristorazione collettiva, ma a volte anche quella casalinga, è una delle sfide
affrontate da chi soffre di allergia alimentare (Taylor et al. 2005).
La mancanza di consenso sulla dose soglia di allergene alimentare necessaria allo scatenamento della
reazione, dovuta alla variabilità da cibo a cibo e da soggetto a soggetto, impone alla produzione industriale
l’applicazione del principio di precauzione e quindi la riduzione della presenza di allergeni ai livelli più bassi
tecnologicamente possibili.
Devono essere prese in considerazione anche situazioni particolari di rischio in cui inalazione e contatto con
l’allergene alimentare o la presenza di patologie concomitanti, rappresentano un motivo di esposizione se non
ad un allergene occulto, quantomeno ad un allergene alimentare inaspettato. È necessario, quindi, evitare
anche le vie di esposizione diverse dalla ingestione.
I soggetti allergici all’uovo, oppure a pesci o molluschi possono reagire alle proteine aerosolizzate di questi cibi
durante la cottura; gli allergici alle arachidi possono avere reazioni alla semplice apertura di una confezione.
Le reazioni possono essere gravi ed addirittura fatali.
Sempre in soggetti particolarmente sensibili, sono state segnalate reazioni dovute al contatto con allergeni
alimentari con il bacio e attraverso il liquido seminale. In questi casi è necessario evitare i luoghi a rischio,
la mensa aziendale o scolastica, le case altrui, alcuni ristoranti ed osservare norme precauzionali severe e
limitanti la vita di relazione.
Casi sporadici, ma non per questo meno gravi, sono stati segnalati nell’ambito di altre patologie: il ricevente di
un trapianto allografico può acquisire specifiche sensibilizzazioni ad alimenti dal donatore d’organo. Sono state
riportate reazioni anafilattiche a noccioline e noci in trapiantati di fegato, senza precedenti sensibilizzazioni ad
alimenti. Con il trapianto di midollo osseo si possono acquisire allergie alimentari, inaspettate, del donatore.
La strategia vincente per evitare l’esposizione è basata su:
• identificazione precisa per ciascun paziente dell’alimento che ha causato la reazione
• riconoscimento degli allergeni cross-reattivi presenti in altri cibi
• educazione del paziente e dei caregivers sulle misure precauzionali necessarie ad evitare la esposizione
ad allergeni nascosti
• educazione alla lettura delle etichette
• attenzione nel mangiare fuori casa.
L’ingestione di allergeni alimentari nascosti costituisce una delle più grandi sfide e pericoli con cui devono
confrontarsi il paziente con allergia alimentare, il medico ed il dietista.
La lettura delle etichette, per quanto cruciale, si è dimostrata ancora recentemente non ottimale da parte del
paziente e dei caregivers.
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Messaggio Da Lorella Mar Apr 22 2014, 14:27

molto interessante

 Very Happy 
Lorella
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